Facciamo un po’di storia della scuola ospedaliera

La scuola dell’infanzia era già presente alla fine degli anni ’70 e aveva il compito di accogliere i bambini e i ragazzi di tutte le fasce d’età durante la loro permanenza in ospedale.
Con il passare del tempo si rese però necessaria la presenza nell’ospedale di sezioni scolastiche di diverso ordine e grado per garantire al bambino e al ragazzo il diritto allo studio che era loro negato dalle degenze più o meno lunghe e dall’impossibilità di frequentare regolarmente la propria scuola.
Così nel ’96 su specifica richiesta dell’allora Primario Prof.ssa Di Tullio, che credeva fortemente all’effetto positivo che avrebbe avuto lo studio sulla psiche e sul fisico dei ragazzi, furono istituite delle sezioni di scuola elementare e media.
La scuola dell’infanzia ed elementare afferiscono al 17° C.D. la cui dirigente è la dott.ssa Valenza, la scuola media, invece, dipende dall’I.C. Paisiello Scura la cui dirigente è la dott.ssa Di Vaia.
Da subito si capì che non sarebbe stata una scuola come le altre, non ci sarebbero state aule, orari ben definiti, ma quello che più contava era la platea.
Penso che ognuno di noi, almeno una volta, si sia posto la domanda: «ce la farò?» oppure «riuscirò a dare qualcosa a questi ragazzi?».
Intanto, poiché l’età pediatrica era aumentata, sempre più spesso ci trovavamo ad affrontare problematiche nuove. C’erano ragazzi che frequentavano le scuole medie superiori e noi delle scuole medie li prendevamo in carico, facevamo loro lezione, ma certamente le materie erano tante, e poi dal punto di vista burocratico non avevamo molta voce in capitolo, tanto che per una ragazza si rese necessario attivare un progetto completamente nuovo, La scuola adotta Alessia, con il quale  riuscimmo a valutarla  e a farle proseguire gli studi. Alessia non fu la prima alunna adottata dalla classe di appartenenza  ma negli anni ben sedici  tra” piccoli” bambini e “grandi” ragazzi, ricoverati negli otto presidi della città, ebbero la possibilità di usufruire del diritto allo studio attraverso le loro scuole di appartenenza perchè costretti ad una “ospedalizzazione domiciliare” a causa di  malattie invalidanti come l’atrofia midollare spinale, la distrofia muscolare o la leucemia. Uno dei primi processi di “umanizzazione “avviato dal Prof. Carpino del Santobono di Napoli consentì, a questa particolare fascia di utenza di tornare a casa dove veniva assistita dai medici e dagli infermieri dell’ospedale a titolo di puro volontariato, a cui l’Enel fornì i generatori di corrente e noi …la scuola.  Ci rendemmo, quindi, ancora più conto della necessità di istituire una sezione di scuola media superiore. Fu il liceo Vico  nella persona della  Preside Concetta D’Acunto   che aderì con entusiasmo al Progetto designando perfino un docente di greco per l’eventuale presenza di un alunno bisognevole di aiuto per la materia specifica . Ancora oggi l’attuale dirigente Ing. Luigi Assante  continua a seguire il  progetto inviando tre insegnanti. Ora il Reparto di Oncologia pediatrica ha la scuola al completo, ed è l’unico servizio in Campania ad avere la scuola ospedaliera di ogni ordine e grado sempre grazie all’impegno profuso dall’ideatrice del progetto che con noi ha vinto tante  battaglie.
Quando incontriamo per la prima volta un ragazzo, la prima cosa che facciamo è prendere tutte le informazioni circa la scuola che frequenta o che ha frequentato: che scuola è, dove si trova, da quanto tempo non frequenta, quali sono le materie che preferisce, quelle in cui va meglio, ecc.
In seguito, dopo l’autorizzazione dei genitori, ci mettiamo in contatto con la scuola stessa e parliamo con il dirigente scolastico al quale esponiamo la situazione del ragazzo e lo preghiamo di farsi portavoce presso i docenti del Consiglio di classe e di farci pervenire programmi, schede e tutto ciò che possa esserci utile al fine di conoscere meglio il ragazzo.
Il passo immediatamente successivo è quello di fare richiesta dell’istruzione domiciliare, previa richiesta scritta dei genitori.
L’istruzione domiciliare, già in vigore da qualche anno, è stato un passo molto importante, perché attraverso di essa i ragazzi riescono a mantenere i rapporti non solo con i propri  docenti, ma anche con i compagni di scuola, cosa questa importantissima dal punto di vista psicologico, ed è, altresì, necessaria perché il ragazzo, anche se torna a casa, spesso non può frequentare la scuola perchè defedato.
L’istruzione domiciliare consiste nel preparare un progetto, da parte della scuola di appartenenza dell’alunno, in cui si programmano interventi didattici da parte dei docenti di classe nelle varie materie. I docenti si recano al domicilio del ragazzo quando questo si trova a casa, e seguono con lui lo stesso programma che svolgono a scuola.
L’istruzione domiciliare, un diritto dei ragazzi, viene soddisfatta nella maggior parte dei casi. Dal momento della richiesta dell’istruzione domiciliare fino alla sua attivazione, il ragazzo è a nostro carico, con noi studia o produce disegni, manufatti ecc…
Nel caso in cui, per vari motivi, l’istruzione domiciliare non viene attivata, il ragazzo passa a nostro carico totale: saremo noi a valutarlo e, nel caso si tratti di un ragazzo di terza media, a esaminarlo.
Negli anni scorsi si sono svolti molti esami in sede ospedaliera, in un ambiente sereno e gioioso.
Il primo esame c’è stato nel 1997: non sapevamo neanche come effettuarlo, ma è andato tutto bene, basti pensare che quest’anno la ragazza in questione ci ha portato i confetti della sua laurea. È stato un traguardo importante sia per il diritto allo studio che per l’umanizzazione ospedaliera.
È superfluo sottolineare che è un tipo di insegnamento completamente diverso. Non è semplice far studiare in ospedale dei ragazzi che pensano, e anche giustamente, al proprio problema. È importante stabilire sia con il ragazzo che con i loro genitori un affiatamento che va costruendosi giorno dopo giorno, senza mai imporsi ma facendo comunque capire l’importanza della scuola, dello studio, proprio per far mantenere i contatti con quel mondo che poi ritroverà all’uscita dall’ospedale e dalla malattia.
A volte sono proprio i genitori a creare un muro, nell’intento di proteggere i propri figli.
Il nostro lavoro si svolge sia in D.H. che in reparto, attualmente diretto dalla Professoressa Fiorina Casale, al letto del ragazzo. In D.H. i ragazzi sono più tranquilli e quindi più ben disposti a lavorare. Utilizziamo molto i computer che lasciamo loro per il tempo del ricovero sia per lavorare che per giocare. Con loro sviluppiamo molti progetti, alcuni dei quali hanno assunto un’importanza davvero notevole. Mi riferisco in particolare alla creazione ogni anno di un calendario con i loro disegni e loro frasi che poi stampiamo e diffondiamo per beneficenza.
Con il ricavato acquistiamo tutto ciò di cui il reparto e i ragazzi hanno bisogno.
La diffusione  del calendario sta andando sempre meglio, grazie alla rete di solidarietà che ci circonda.
Basta dire che siamo partiti con una stampa  di 700-800 calendari per arrivare poi ai 4000 dello scorso anno ed ai quasi 8000 di quest’anno. Insieme al calendario i ragazzi hanno realizzato un libro con i loro scritti dal titolo Frammenti di sogni, e anche questo è stato distribuito per beneficenza.
Quest’anno in particolare, con precisione il 20 maggio, c’è stato il lancio del libro dei ragazzi Frammenti di sogni, questo perché ci ha contattato la Casa Editrice  Isola dei ragazzi  che ha voluto pubblicarlo.
I proventi andranno all’A.G.O.P. (Associazione Genitori Oncologia Pediatrica), ma al di là di questo, quello che veramente conta è la soddisfazione dei ragazzi che vedono pubblicato il libro con le loro poesie e i loro componimenti.
Il ragazzo e il bambino sono sempre al centro dell’interesse di tutti gli operatori dell’oncologia e importantissima è la rete che si forma intorno a loro.
L’integrazione tra noi tutti è essenziale proprio per il bene del ragazzo.
A questo proposito vorrei parlare di un progetto delle nostre psicologhe Valentina Abate e Gabriella De Benedetta Insieme a te per condividere che vede compartecipi gli insegnanti e i medici.
È un progetto a cui teniamo molto perché lo reputiamo importante sia per i nostri ragazzi che per coloro che gli stanno intorno.
Il progetto, primo in tutta Italia, prevede che il gruppo oncologico, costituito da una psicologa, un insegnante e un medico, si rechi a scuola del ragazzo ammalato e parli con i docenti della classe e con il dirigente scolastico per spiegare la situazione medico-psicologico-scolastica del ragazzo in questione, tutto questo dopo autorizzazione dei genitori e accordi preliminari con la scuola. In quella sede si consegnano dei questionari da sottoporre ai compagni di scuola,  in cui si chiede loro di rispondere a tre domande e di scrivere cosa sanno del tumore in generale.
Dopo circa un mese, durante il quale i docenti hanno lavorato con i ragazzi e sottoposto loro il test, il gruppo oncologico torna a scuola ed entra in classe per parlare con i compagni di scuola del nostro alunno. Più che parlare, in realtà si risponde alle loro molteplici domande, soprattutto di ordine medico e psicologico. Le  domande sono le più varie, e con le risposte date i ragazzi risolvono dubbi, incertezze, curiosità, ma placano anche le loro paure; il tumore diventa, così, un argomento non più tabù, ma qualcosa di cui parlare, non è più la malattia incurabile, ma qualcosa che si può combattere e sconfiggere.
Alla fine dell’incontro viene loro sottoposto lo stesso test che hanno compilato con i propri docenti. Nella totalità si nota che i due test sono completamente diversi tra loro, e il cambiamento è in positivo.
Ci sono stati dei casi, pochi per fortuna, in cui pensavano ad esempio che il loro compagno fosse infettivo, o che fosse infetto ciò che avrebbero potuto mangiare a casa sua.
Il progetto è rivolto ai ragazzi di scuola media inferiore e superiore, e in questi anni in cui è stato svolto abbiamo notato una ricaduta positiva sui ragazzi in cura, una maggiore presenza o, forse, una presenza più consapevole dei compagni di classe.
Anche i docenti della classe diventano più sicuri, sia sul proprio comportamento che sulla didattica da porgere a casa.
La nostra speranza è che questo progetto possa essere esteso a tutti i nostri ragazzi, mentre ora vengono scelti random. Questo proprio perché abbiamo verificato la sua validità.
L’integrazione, oltre che con i medici e le psicologhe, è fattiva anche con infermieri, volontari e quanti ruotano in questo reparto.
Ad esempio, il volontariato mattutino ci aiuta proprio a intrattenere le mamme o comunque i parenti mentre noi studiamo con i ragazzi. Inoltre con tutti ci scambiamo opinioni, necessità di intervento scolastico/psicologico, o altro.
L’importante è sapere che ognuno ha una propria professionalità e uno spazio ben definito e che al centro di tutto c’è sempre il benessere dei nostri ragazzi.

I docenti della Scuola Media

PAGANO Dora
UTTIERI Sonia
D’ELIA  Lucio

E-mail: agop.napoli@hotmail.it

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